Miss G. ci racconta “Sono 20 anni che mi occupo di contact center: nella mia vita professionale ho visto progredire la tecnologia, aumentare i canali di contatto, l’introduzione dell’intelligenza artificiale, la specializzazione dei servizi e… il complicarsi dei metodi di autenticazione.
All’inizio bastavano user e pin, poi il pin è diventato di almeno 6 caratteri, poi 8, poi la battaglia navale, il token, poi è stata introdotta la conferma tramite notifica in-app e altre diavolerie simili. Tutto questo per essere compliance a requisiti di legge e regolamentazioni varie.
Se guardiamo invece l’altra faccia della medaglia”, continua, “ci sono i servizi in cui si accede ‘liberamente’ (che bello!) ma poi l’operatore deve fare una serie di domande (nome, cognome, codice fiscale, cognome della madre da nubile, numero di scarpe…) per riconoscere il cliente in modo non automatico (e non sicuro).”
In entrambi i casi si ottiene lo stesso risultato: il cliente è frustrato, quindi non contento del servizio offerto.
Allo stesso tempo, lo stesso cliente, per accedere allo stesso servizio tramite App, non deve far altro che usare un dito per il riconoscimento dell’impronta digitale.
Si può rendere facile, veloce e sicuro anche l’accesso ai servizi telefonici? Ovviamente sì.
Come? Sfruttando lo stesso principio dell’impronta digitale: la biometria, vocale in questo caso.
La biometria vocale si basa sull’impronta vocale (non sulla voce), che è la rappresentazione matematica della voce e che comprende oltre un centinaio di caratteristiche univoche intimamente legate alle caratteristiche personali e morfologiche dell’utente.
Perfino il Garante della privacy, già nel 2014, si era espresso in merito, e nel frattempo la tecnologia si è evoluta diventando matura per essere mutuata come fattore di autenticazione, se non unico almeno aggiuntivo al fine di garantire alti livelli di sicurezza e una Customer Experience di eccellenza.
Esistono due tipi differenti di modalità con cui applicare il riconoscimento biometrico: la richiesta di una passphrase (attivo) o la raccolta silente del parlato necessario ad effettuare l’identificazione (passivo), o ancora una combinazione dei due (ibrido).
A questi deve essere necessariamente aggiunto un passaggio iniziale di enrollment finalizzato alla costruzione della base dati delle impronte per i successivi controlli.
Quali possono essere gli use case? Diversi ovviamente, in base alle esigenze e alle caratteristiche del proprio servizio; proviamo a disegnare qualche esempio:
- Il cliente naviga nell’IVR (tradizionale o conversazionale) usando la voce e, una volta raggiunti i secondi necessari, il sistema biometrico riconosce l’identità dell’utente senza aver costretto il cliente a dire / inserire alcun dato.
- Il cliente chiama il customer service, l’IVR gli richiede una passphrase (fissa o personale) e questa viene utilizzata per l’identificazione, magari usata in combinazione del numero di telefono da cui sta chiamando. In questo modo viene richiesto l’input di un dato, ma con un risparmio di tempo notevole rispetto alle modalità di autenticazioni tradizionali.
- L’IVR chiede al cliente codice utente e PIN, ma senza aggiungere altri metodi “fantasiosi” e fastidiosi che portano all’utilizzo di altri strumenti e al prolungamento del tempo necessario all’autenticazione. Una volta entrati in contatto con l’operatore, il sistema biometrico cattura l’impronta dell’utente, applicando una verifica continua e silente dell’identità dell’interlocutore per poterla certificare durante tutto l’arco del contatto.
Si tratta solo di tre esempi che permettono di capire la flessibilità di questa tecnologia che non permette solo l’autenticazione del cliente: la biometria vocale, infatti, può essere sfruttata anche per il riconoscimento di un frodatore data una lista di frodatori conosciuti, oppure la validazione dell’operatore che sta gestendo la telefonata utile, ad esempio, nel caso in cui debbano essere rispettati vincoli di training e certificazioni.
E, cambiando punto di vista, l’impatto tecnologico? La compatibilità con altri sistemi?
Il servizio biometrico è una soluzione fruibile sia cloud che on-prem e “posizionata” on-top alla piattaforma CTI utilizzata, che ne consumerà servizi come una integrazione con una qualsiasi third party application. Non vi sono quindi legami di dipendenza tra le due che ne potrebbero complicare l’integrazione, aggiornamento o utilizzo.
Ma quindi: se i clienti sono pronti all’avvento della biometria vocale e sono stanchi dei metodi di autenticazione tradizionali, come indicato nelle diverse interviste dei grandi player, la stessa cosa la si può dire delle aziende che offrono servizi di customer care?
Guarda anche il nostro contributo video a riguardo a questo link: Ti sento, so chi sei – la biometria vocale nei Contact Center | ComApp
GG